Sono un consulente finanziario gestisco il tuo risparmio al meglio - Marco SabatiniUn meritato pensionamento

Da piccoli impariamo che nella vita tendenzialmente seguiremo una linea di crescita che prevede alla base un percorso di studi, una carriera lavorativa ed un meritato pensionamento che ci darà del tempo per dedicarsi a noi stessi.
Tutt’oggi questo assioma è valido, ma è sotto gli occhi di tutti la lastra di ghiaccio, sempre più sottile, su cui poggia questa ideologia.
Errori storici nell’elargizione di pensioni a lavoratori in età molto giovane, prepensionamenti a pioggia. Questi sono alcuni degli sbagli che hanno indotto negli ultimi decenni ad operare continui mutamenti del modello pensionistico italianodiminuendo sempre di più i nuovi importi mensili di pensione ed allungando l’età lavorativa.

Pensiamoci per tempo

Se le pensioni saranno sempre più basse, una corretta presa di coscienza di questa situazione, dovrà saggiamente indurci a cercare una soluzione a come attenuare il problema, che si verificherà quando andremo in pensione, derivante dalla grande discrepanza tra l’importo dell’ultimo stipendio percepito nell’età lavorativa e l’importo della pensione che andremo a percepire.

Perché è opportuno aderire ad una forma di previdenza complementare

Oltre agli errori del passato, sussistono anche fattori demografici che hanno portato a modificare continuamente l’età del pensionamento e gli importi percepibili.
Pensiamo ad esempio al progressivo aumento della durata della vita media, ed il conseguente aumento del periodo di pagamento delle pensioni, ed al rallentamento della crescita economica che causa una riduzione dell’ammontare dei contributi necessari a pagare le pensioni. Oppure pensiamo al fatto che iniziamo a lavorare, in media, dopo i 25 anni di età. Prima le persone iniziavano a lavorare, e quindi a pagare i contributi previdenziali, in età più giovane.

Cosa possiamo fare

Con un piccolo sforzo mensile, con un pizzico di pianificazione finanziaria e magari il supporto di un Consulente, possiamo fin da subito adoperarci con la costruzione di un pilastro che supporti meglio il nostro futuro: una pensione integrativa privata, tutta per noi.
La previdenza complementare è una forma di previdenza che, infatti, si aggiunge a quella obbligatoria. Per comprendere i concetti di base, è possibile vedere un breve video su questo tema: https://www.youtube.com/watch?v=NwBDHCEeNUY
La previdenza complementare è fondata su un sistema di finanziamento a capitalizzazione. Per ogni iscritto viene creato un conto individuale nel quale affluiscono i versamenti che vengono poi investiti nel mercato finanziario da gestori specializzati e che producono, nel tempo, rendimenti variabili in funzione dell’andamento dei mercati e delle scelte di gestione.

Posso stare tranquillo?

Ci sono Autorità apposite a vigilare e garantire al cliente la trasparenza e correttezza dei comportamenti delle forme pensionistiche private: La Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip).

Al momento del pensionamento, all’iscritto, sarà liquidata una rendita aggiuntiva alla pensione costituita dai contributi versati, comprensiva dei rendimenti dovuti dalla gestione.

È possibile, a determinate condizioni, percepire il capitale versato: tutto o in parte.

È, inoltre, possibile percepire la prestazione anche in assenza di pensione derivante dalla previdenza pubblica.

Quindi mentre la previdenza obbligatoria si base sul criterio della “ripartizione”, cioè i contributi di tutti i lavoratori servono a pagare le pensioni di tutti i pensionati, la previdenza complementare è regolata da un sistema a “capitalizzazione” dove i versamenti di ciascun lavoratore vengono autonomamente investiti dal fondo di previdenza al fine di creare la rendita, del soggetto che li ha versati, al momento del pensionamento.

La previdenza complementare a differenza di quella obbligatoria è:

  • volontaria (il lavoratore può scegliere se aderire a una forma pensionistica complementare);
  • a capitalizzazione individuale, ovvero i versamenti confluiscono in conti individuali intestati ai singoli iscritti e vengono investiti. Al momento del pensionamento sono restituiti, con i rendimenti maturati con gli investimenti, in forma di prestazione pensionistica aggiuntiva;
  • a contribuzione definita (si sa quanto si versa e la prestazione finale dipende dalle somme versate e da quanto ha reso il loro investimento);
  • gestita da soggetti ed enti di diritto privato.

Parliamone, con piacere ti fornirò tutti i supporti per programmare meglio il tuo futuro.

Chi è interessato e chi può aderire

Tutti possono aderire volontariamente a una forma pensionistica complementare per costruirsi una rendita.
La previdenza complementare, infatti, interessa i dipendenti pubblici e privati, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i soci di cooperative, i cittadini titolari di redditi diversi da quelli da lavoro e i familiari a carico dei lavoratori.

Possono aderire alle forme pensionistiche complementari:

  • lavoratori dipendenti privati e pubblici
  • lavoratori autonomi o liberi professionisti
  • lavoratori con contratti atipici (ad esempio lavoratori a progetto od occasionali, soci lavoratori di cooperative, ecc.)
  • soggetti fiscalmente a carico
  • tutti coloro che non svolgono un’attività lavorativa

Per i dipendenti del settore privato opera il meccanismo del conferimento tacito del TFR (cosiddetto “silenzio assenso”), che determina l’adesione al Fondo pensione in caso di silenzio del lavoratore circa la destinazione del proprio TFR (in azienda ovvero a previdenza complementare) passati sei mesi dall’assunzione.
In caso di adesione “tacita” il TFR viene versato dal datore di lavoro al fondo negoziale di riferimento, ovvero ad altro fondo individuato dalla contrattazione collettiva.

Se manca il fondo di riferimento e la contrattazione collettiva non prevede nulla sulla destinazione del TFR, questo viene versato alla particolare forma pensionistica complementare residuale costituita presso l’Inps, e denominata Fondinps, che raccoglie il TFR dei lavoratori “silenti” senza fondo negoziale.

Vantaggi fiscali

Lo Stato Italiano offre una serie di agevolazioni fiscali a chi investe in un fondo pensione. I rendimenti sono tassati al 20% anziché al 26%, tranne la parte investita in titoli di stato tassati al 12,5%. È possibile dedurre i versamenti effettuati fino ad €5.164 l’anno.
È possibile attivare un fondo pensione anche per i figli, deducendo anche questo importo, sempre con lo stesso massimale di € 5.164.
Il vantaggio fiscale in fase di accumulo, lo comprendiamo bene con la seguente tabella:

Versamenti annui € 2.000 € 5.164,57
(massimo contributo deducibile)
€ 2.000 / anno € 5.164,57 / anno
Reddito € imponibile Aliquota Irpef Minor tasse da pagare Minor tasse da pagare Risparmio fiscale dopo 35 anni Risparmio fiscale dopo 35 anni
da 0 a 15.000 23% € 460 € 1.188 € 16.100 € 41.580
da 15.001 a 28.000 27% € 540 € 1.394 € 18.900 € 48.790
da 28.001 a 55.000 38% € 760 € 1.963 € 26.600 € 68.705
da 55.001 a 75.000 41% € 820 € 2.117 € 28.700 € 74.095
oltre 75.000 43% € 860 € 2.221 € 30.100 € 77.735

TFR nel fondo di previdenza complementare

Il dipendente del settore privato può chiedere al datore di lavoro, sia all’inizio del rapporto di lavoro che successivamente, che il proprio TFR venga conferito nel proprio piano di previdenza complementare. Esiste un regime fiscale agevolato per le forme di previdenza complementare che si applica anche al TFR versato. Infatti, la pensione integrativa, sia essa erogata in rendita o in capitale, è soggetta ad una ritenuta a titolo d’ imposta, con aliquota massima del 15%, decisamente inferiore a quelle IRPEF (dal 23% al 43%). Questa è destinata a scendere ulteriormente fino al 9% a partire dal quindicesimo anno di partecipazione ad un fondo pensione: operano, infatti, degli sconti di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione successivo, fino ad un massimo di riduzione di 6 punti.

Inoltre il mercato del lavoro non è più quello di una volta: si cambia posto di lavoro con molta più frequenza che in passato. L’ammontare del TFR lasciato in azienda potrebbe non essere più il risultato di un accumulo di una vita di lavoro come una volta. Ad ogni cambio di lavoro il TFR viene liquidato e tassato se lasciato in azienda. In un’ottica di risparmio per il futuro, “pochi, subito e per di più tassatinon è la soluzione migliore.

La tassazione del TFR al momento dell’erogazione applica l’aliquota IRPEF vigente nell’anno in cui è maturato il diritto alla percezione e applicabile al TFR lordo moltiplicato per 12 e diviso gli anni di servizio (TFR x 12 /anni di servizio). Successivamente l’imposta viene ricalcolata dall’Agenzia delle entrate, in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello della cessazione del rapporto di lavoro.